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Lunedì è stato ufficialmente approvato dal Consiglio dei Ministri il Decreto Dignità, la “Waterloo del precariato” per usare le parole di Di Maio. Un nuovo decreto quindi, che sembra proporsi come la risoluzione di tutti i problemi dell’Italia o almeno di quelli legati alla precarietà del lavoro dipendente. Siamo però sicuri che sia davvero così? Possiamo stare tranquilli o il futuro dei lavoratori dovrà fare i conti con l’ennesima crisi?

Il licenziamento del Jobs Act

L’annuncio dell’approvazione del decreto dignità è arrivato insieme ad un altra comunicazione: finalmente abbiamo raggiunto il minimo storico di disoccupati. Un dato rassicurante, ma se pensiamo che Renzi ormai è fuori dai giochi e che questo risultato è stato raggiunto grazie al Jobs Act, forse dovremmo porci qualche domanda. Di Maio infatti ci ha tenuto a sottolineare che il Decreto Dignità di fatto sancisce il licenziamento del Jobs Act e quindi lo va a sostituire. La colpa più grande di Renzi è stata quella di aumentare l’occupazione, ma limitatamente a quella precaria. Sono quindi sì diminuiti i disoccupati in Italia, ma la maggior parte di coloro che hanno trovato un lavoro sono precari e questo non va bene. Effettivamente, il ragionamento non fa una piega e come vedremo tra poco il Decreto Dignità vuole proprio porsi come soluzione a questa situazione. Limitare quindi il precariato e incentivare i datori di lavoro a stipulare contratti stabili.

Il Decreto Dignità: la Waterloo del precariato?

Il decreto dignità approvato lunedì scorso ha l’obiettivo principale di ridurre il precariato, limitando la possibilità di abusare dei contratti e tempo determinato e aumentando le penali in caso di licenziamenti ingiusti. Così, la durata massima dei contratti a termine sarà di 24 mesi e non più di 36 mesi (previsti dal Jobs Act). Questa è forse una delle misure più importanti per cercare di incentivare i datori di lavoro ad assumere i propri dipendenti con forme contrattuali più stabili e durature.

Siamo però sicuri che accadrà proprio questo? Siamo certi che il decreto dignità restituirà la dignità appunto ai cittadini permettendo loro di trovare un lavoro a tempo indeterminato con più facilità? Certamente, al di là della fede politica, ognuno di noi si augura che sarà così. Tuttavia, dobbiamo aprire gli occhi e porci delle domande.

Negli ultimi anni sono stati moltissimi gli italiani che sono stati assunti con un contratto a tempo determinato e diciamoci la verità: la maggior parte di loro è contenta di aver trovato almeno un impiego! Alla scadenza di quei 3 anni previsti dal Jobs Act, però, solamente una minima parte di loro è stata assunta con un contratto più stabile. La maggior parte è stata semplicemente rimpiazzata con nuove figure e lasciata a casa.

Ora, il decreto dignità propone di accorciare ulteriormente il periodo massimo di validità del contratto a termine. Questo significa che dopo 2 anni il lavoratore dovrà essere assunto con un altro contratto. Il rischio è quello di accorciare semplicemente il periodo di occupazione di moltissimi italiani, che anzichè essere lasciati a casa dopo 3 anni verranno licenziati dopo 2 anni.

Di Editor